Buonasera amiche lettrici, è con grande piacere che LettereInLibertà ospita la settima tappa del blogtour dedicato a Un Mistero per Lady Jessica di Laura Rocca, un romanzo intrigante che ci porta nell'Inghilterra del 1840.
Per questa tappa del blogtour vi lascio un estratto, l'incipit per esattezza, spero vi piaccia come è piaciuto a me, e buona lettura:
“Che giornata meravigliosa!”, pensò
Jessica al risveglio.
Finalmente osservare il giardino privo
d’ornamenti e le torri di pietra grigia che la circondavano non le
dava più una sensazione di soffocamento: non avrebbe più rivisto
quel tetro spettacolo. Per non parlare della stanza spoglia, della
mancanza di una biblioteca decente e della compagnia di persone
intellettualmente stimolanti. Pareva che l’unico interesse delle
sue compagne di studi fosse quello di combinare un buon matrimonio: a
volte le sembrava di parlare con la madre mentre si confrontava con
loro.
Quel giorno sarebbe finalmente tornata a
casa dal collegio nel quale era stata rinchiusa per tre anni. I suoi
genitori avevano ritenuto opportuno che a suo fratello maggiore fosse
concesso di restare a casa a studiare con un istitutore. Visto che
egli avrebbe ereditato il titolo del padre, la casa e le terre, era
più consono che studiasse e si formasse direttamente nella tenuta;
mentre per lei, che avrebbe dovuto contrarre un buon matrimonio, a
quindici anni si erano aperte le porte del collegio. Avrebbe
desiderato frequentare lo stesso istituto della sua migliore amica,
ma sua madre aveva deciso di dividerle, diceva che altrimenti non
avrebbe socializzato con altre giovani.
La struttura era immersa nella
desolazione più totale. Non vi erano nelle vicinanze piccoli paesi o
divertimenti e, conoscendo l’attitudine di Jessica a non rispettare
l’etichetta, sua madre si era così assicurata che non si potesse
concedere svaghi poco consoni a una giovane lady. L’istituto era
considerato uno dei migliori, anche se Jessica, la cui mente era
sempre attiva, lo aveva trovato mortalmente noioso. Tranne francese,
storia e geografia non avevano fatto altro che bombardarla di lezioni
sulle buone maniere, su come allevare i figli, gestire la servitù,
dare un ricevimento indimenticabile, ballare, andare a cavallo con
grazia, intrattenere una conversazione garbata. Non avevano neppure
trascurato la spiegazione su come gestire un carnet di ballo per il
debutto in società.
Jessica in realtà non avrebbe avuto un
vero e proprio debutto in società, perché avrebbe varcato le porte
della città di Londra da sposata. Glielo aveva comunicato sua madre,
con la solita gelida compostezza, spiegandole che avevano accettato
la proposta di un loro vicino per le prospettive future e la
contiguità alla famiglia. La sua vena combattiva voleva ribellarsi a
quell’imposizione: era inaccettabile per lei non avere la
possibilità di vivere la sua prima stagione, godere delle sensazioni
del corteggiamento, ma c’era un motivo se aveva accettato
silenziosamente, ed era il suo futuro sposo.
Michael, il futuro conte di Crawford.
Sin da bambina Jessica era stata la
migliore amica della timida Abygaile, sorella minore di Michael e sua
coetanea. Michael, a differenza del fratello Archie, aveva sempre
tempo per Abby e giocava spesso con loro. Una volta cresciute, le
aveva portate a fare lunghe passeggiate a cavallo e Jessica era
consapevole che l'ammirazione si era trasformata in altro. Michael
aveva compiuto diciotto anni poco prima della sua partenza per il
collegio: era diventato un uomo e lei ne era totalmente affascinata.
Per un certo periodo aveva temuto che
durante la sua assenza avesse potuto conoscere qualche ragazza,
specialmente quando era tornata a casa per le vacanze di Natale e non
aveva visto né lui né Abby. A peggiorare le sue paure, durante la
primavera, le erano state recapitate indietro tutte le lettere che
aveva spedito al collegio di Abby, ma quando era arrivata quella di
sua madre aveva capito. Probabilmente era stato vietato all’amica
di scriverle, onde evitare che involontariamente divulgasse qualche
dettaglio sulla proposta di suo fratello. Non aveva dubbi, Michael
era l’unico vicino che conosceva bene, che aveva avuto modo di
notarla e vederla crescere.
Quando la cameriera che l’aveva
accompagnata al collegio bussò alla sua porta per portarle l’abito
acquistato appositamente per il suo rientro a casa, era un fascio di
nervi.
«Poggialo pure lì, Mariette», disse
distrattamente alla domestica mentre iniziava a sfilarsi la camicia
da notte.
«Mi auguro che vostra madre non abbia
da ridire con me, lady Baker», fu il liberatorio commento di
Mariette.
Nel collegio era vietato “agghindarsi”,
parola che Miss Settlemore, la direttrice, amava ripetere. Tutti i
suoi bei vestiti erano stati rispediti a casa e le era stata imposta
una castissima divisa nei toni del bianco e del tortora,
rigorosamente a collo alto anche d’estate. Avrebbe voluto vedere la
reazione di sua madre quando tutti i vestiti erano tornati al
mittente, non era stato risparmiato nulla, neppure un corsetto,
soprattutto per lei. Jessica, infatti, era la più bersagliata da
Miss Settlemore: doveva passare inosservata il più possibile poiché
le sue forme generose, secondo la severa direttrice zitella,
inducevano in tentazione. Addirittura, durante una lezione di
portamento, era arrivata a dirle che, se non fosse stato disdicevole
per una lady del suo rango, avrebbe potuto assumere una postura
inclinata per mascherare il suo seno troppo abbondante.
Mariette tirò furi l’abito dalla
sacca e Jessica seppe con assoluta certezza che sua madre non avrebbe
apprezzato, d’altro canto non apprezzava neppure lei. Il vestito
era di un orrendo color fanghiglia, con il collo alto e rigido, senza
nessuna rifinitura particolare, neppure un fiocco a segnare il
girovita. Il tessuto, seppur di apparente bellezza, al tatto era
grezzo. Sembrava solo un costoso sacco per le patate. Oltretutto non
esaltava minimamente il suo aspetto, la sua pelle avorio, i lunghi
capelli neri come il carbone e i suoi scintillanti occhi blu
sembravano spegnersi, accostati a quella tinta deprimente. D’altra
parte, anche se sua madre aveva scritto appositamente per richiedere
che Jessica uscisse dal collegio con un abito degno della sua
condizione sociale e non con una divisa, era ovvio che la direttrice
avrebbe obbligato Mariette ad acquistare qualcosa di rigorosamente
squallido.
«Hai ragione, Mariette, è orrendo»,
fu l’immediato commento di Jessica, ma vedendo lo sconforto
dipingersi sul viso della domestica proseguì. «Non ti preoccupare,
dirò a mia madre che l’ha scelto la direttrice, rifiutandosi di
accettare le sue direttive e impedendoti di eseguire gli ordini».
A quelle parole il colorito della
domestica tornò normale.
Le compagne si erano tutte radunate per
salutarla e farle i migliori auguri e, dopo un’ora di abbracci e
incoraggiamenti sul futuro, finalmente Jessica stava per salire sulla
carrozza che l’avrebbe condotta a casa. Il viaggio non sarebbe
stato lungo, ma Jessica non stava nella pelle all’idea di rivedere
Michael, se avesse potuto avrebbe contato ogni giro di ruota. Non
volle nemmeno fermarsi in una locanda per il pranzo, accontentandosi
di piluccare la merenda fornita dal collegio. Erano alle porte
dell’autunno e le giornate si stavano accorciando, Jessica ci
teneva a essere a casa prima del tramonto, desiderava cambiarsi per
la cena e soprattutto voleva essere presentabile per Michael. Ogni
fruscio della leggera mantella che portava le ricordava l’orrore
dell’abito che celava.
Quando dal finestrino della carrozza
intravide in lontananza i cancelli della tenuta, non riuscendo più a
trattenersi, decise di prendere un cavallo e precedere la carrozza da
sola. Sua madre di certo non avrebbe apprezzato, ma lei non sarebbe
riuscita a stare seduta un secondo di più, dopotutto era una lady di
campagna: l’inizio della nuova stagione e delle buone maniere era
ancora lontana qualche mese.
Appena fu fuori dalla portata delle
raccomandazioni di Mariette, spinse il povero cavallo al galoppo. La
campagna intorno alla proprietà stava iniziando a tingersi d’oro e
il vento profumava d’erba e pulito, l’aria era frizzante e
cristallina, e il sole che stava tramontando proiettava la sua aura
rossastra. Jessica amava la sensazione del vento sul viso, andare a
cavallo era liberatorio.
Varcò i cancelli come una furia e si
diresse nelle scuderie sul retro, con la speranza che l’entrata
trionfale fosse sfuggita all’arcigno occhio della madre. Quando si
fermò di fronte alla stalla e vide chi le stava venendo incontro, il
suo cuore perse un battito. Era cresciuto, era diventato un vero uomo
e, in maniche di camicia, senza essere agghindato come un damerino, i
muscoli possenti delle braccia e le spalle larghe risaltavano a ogni
passo.
Michael.
Il suo amico d’infanzia, ben diverso
da Archie nell’etichetta, aveva deciso di accoglierla comunque alla
loro maniera. Sembrava che Michael avesse passato l’estate a
razzolare nei campi e divertirsi, al contrario di lei che era stata
in quell’orribile collegio. La sua carnagione era leggermente
ambrata e gli occhi azzurri risaltavano infinitamente, i suoi
meravigliosi capelli biondi rilucevano come oro. Li aveva raccolti in
un ordinato codino sulla nuca, ma qualche ciuffo ribelle era
sfuggito.
Jessica era senza fiato, ma non seppe
trattenersi e d’istinto buttò le braccia al collo al vecchio
amico. Nonostante l’imbarazzo, la confidenza che c’era tra loro
sin da bambini la spinse tra le sue braccia con naturalezza.
«Sono così felice di rivederti»,
sussurrò all’orecchio di Michael.
Con sua sorpresa, però, Michael non
ricambiò la stretta con entusiasmo. Jessica si tirò indietro
perplessa, cercando di scrutare il viso di lui, e immediatamente si
diede della sciocca.
Lo sguardo che lui le lanciò fu
sufficiente: l’ammonì a trattenere ulteriori entusiasmi.
Non erano più due ragazzini: lei ormai
era una donna, e per giunta la donna che aveva scelto per moglie e
aveva studiato buone maniere per tre anni. Che bel modo di fare buona
impressione, arrivare a cavallo come una selvaggia, buttarglisi tra
le braccia con indosso un orrendo vestito.
«Scusami», abbozzò imbarazzata.
«Non scusarti…», fece appena in
tempo a dire Michael regalandole il primo vero sorriso.
«Jessica! Dove sei?», rimbombò la
voce di sua madre nelle scuderie.
“Accidenti! A mia madre non è
sfuggito l’arrivo al galoppo”, pensò Jessica.
«Sono qui, madre», urlò di rimando
alzando gli occhi al cielo.
Quando si girò per condividere il
momento con il visconte di Crawford, si accorse che non c’era più.
Con sua gioia, quando la madre svoltò l’angolo in una nuvola
d’organza beige, al seguito c’era anche suo padre, che nonostante
fosse il conte di Baker era molto più bonario nei confronti dei suoi
eccessi.
«Ma come sei conciata? Sembri
un’istitutrice povera!», esclamò sua madre inorridita.
«Madre, padre», fece la riverenza
Jessica, «l’abito purtroppo è stato scelto dalla direttrice che
non ha dato modo a Mariette di portare a compimento i vostri ordini»,
mentì come concordato con la domestica.
«Se non altro questo sarà l’ultimo
obbrobrio che ti vedremo indosso grazie a quella donna», disse sua
madre indirizzandola verso la casa.
Fu immediatamente avvolta da un turbinio
di pettegolezzi: sua madre aveva partecipato alla stagione che si era
chiusa poco più di un mese prima e non faceva altro che elencare la
brutta figura di questa o quell’altra debuttante, rammentandole
quanto fosse fortunata ad aver ricevuto una proposta di matrimonio
ancora prima del suo debutto in società. A differenza di quanto
Jessica avesse immaginato, sua madre la pilotò immediatamente verso
la sala da pranzo.
«Madre, preferirei cambiarmi prima di
cena», la interruppe Jessica sulla soglia.
«Oh, cara bambina, capisco che tu non
veda l’ora di toglierti questo straccio di dosso, ma questa sera a
cena saremo solo noi quattro. È importante che tu vada a risposare
presto e sia in perfetta forma per il pranzo di domani, quando
riceveremo il tuo futuro sposo e programmeremo la data di
fidanzamento e dalle nozze», rispose sua madre risoluta.
La cena si svolse in assoluta
tranquillità, a Jessica parve assurda tutta la pantomima che aveva
messo in piedi la madre per il suo futuro sposo. Era ovvio chi fosse,
ma per quieto vivere decise di lasciarla fare.
Giunta nella sua camera da letto, quando
Mariette se ne andò dopo averla aiutata a spogliarsi, si accorse di
quanto fosse stanca e si lasciò andare a un pacifico sonno
ristoratore, nell'attesa di poter finalmente rivedere Michael il
giorno seguente.
Vi lascio qui il calendario del blogtour, e ne approfitto per ringraziare l'autrice e le mie 'compagne' di viaggio:
Alla prossima
Alessandra
Ciao! Grazie mille per la tappa e per lo spazio!
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